L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto ufficialmente lo STRESS da lavoro e da disoccupazione, “BURNOUT”, come una sindrome e l’ha inserito nella lista delle condizioni mediche.

Non si tratta di una vera e propria malattia ma di un “problema associato alla professione”, da distinguere dall’ansia e dalla depressione.

Quali sono i sintomi del BURNOUT:

  • spossatezza o mancanza di energia
  • cinismo
  • isolamento
  • sentimenti negativi
  • efficacia professionale ridotta

Soffre degli stessi sintomi anche chi il lavoro non ce l'ha e lo cerca disperatamente. Lo stress è identico e può portare a serie conseguenze.

Il burnout è, quindi, considerato un "problema associato all'occupazione o alla disoccupazione lavorativa", una sindrome conseguente allo "stress cronico sul posto di lavoro gestito senza successo". Il risultato è una sindrome che potrebbe portare a distress cronico difficile da curare totalmente, che può sfociare in rilevanti stati di somatizzazione.

La nuova classificazione delle malattie, denominata CIP-11 e già pubblicata lo scorso anno, è stata ufficialmente adottata dagli stati membri durante l'Assemblea mondiale dell'Oms che si è conclusa martedì a Ginevra ed entrerà in vigore il 1 gennaio 2022. Questo elenco, compilato dall'Organizzazione mondiale della sanità, si basa sui risultati ottenuti dalle ricerche di esperti provenienti da tutto il mondo. La classificazione delle malattie dell'Oms fornisce un linguaggio comune attraverso il quale i professionisti della salute possono scambiarsi informazioni sanitarie.

Quali sono i fattori che possono favorire il distress?

  • carico di lavoro eccessivo
  • relazioni difficili
  • continui imprevisti
  • bassa convinzione di auto-efficacia
  • poca motivazione e obiettivi non chiari

Questi fattori possono essere sia interni che esterni e se messi insieme, possono sfociare in burnout, andando a influenzare processi fisiologici, cognitivi ed emotivi, impattando sull’attività lavorativa ed anche sulla sfera personale.

Si tratta di una nuova sfida per le aziende andando ad individuare delle azioni preventive efficaci. Secondo la mia esperienza, è possibile individuare queste azioni inserendo all’interno dell’organizzazione uno Sportello Counseling. Inoltre, può essere utile prevedere dei percorsi che favoriscano un’integrazione mente-corpo-ambiente come la Bioenergetica, Mindfulness e il Teatro della Spontaneità. Il consiglio è di non sottovalutare i fattori sopra elencati, cercando di prevenirli o intervenire tempestivamente.

Dott.ssa Ester Varchetta
Doc. in Clinical Psychologist -Transactional Analyst Counselor (REG-A0267-2010)
Soft Skills Trainer&
Executive Coach - Instructional Designer 
Psychodramatist - Industrial Relations Mediator

DiEster Varchetta / Blog / / 0 Commenti

Quanto tempo dedica un manager alla gestione dei conflitti interni ad un gruppo di lavoro? Alcuni studi affermano che solitamente un manager dedica alla gestione dei conflitti un terzo del suo tempo. Cosa fare? Come gestire in modo più efficace possibile le controversie tra uffici o tra colleghi?

Una possibile risposta è ricorrere all’istituto della Mediazione, sia per la possibilità di una risoluzione del conflitto, sia per i vantaggi in termini di tempo e di costi.

Dalla mia esperienza, come consulente e formatore, posso affermare che i conflitti all’interno di una organizzazione sono più che frequenti. Pensiamo, ad esempio, al rapporto tra capo e collaboratore, tra dirigenti, tra colleghi all’interno di un gruppo di lavoro oppure tra uffici differenti (vendite-marketing-acquisti). Inoltre, i conflitti possono nascere anche all’esterno dell’organizzazione con i clienti e fornitori.

Saper identificare ed affrontare i conflitti favorisce uno slancio di crescita delle persone e dell’azienda, al contrario, se non gestiti correttamente possono impedire al gruppo di raggiungere gli obiettivi prefissati. Inoltre, un conflitto prolungato nel tempo può causare nei collaboratori:

  • Stress
  • Ansia
  • Tensione
  • Irritabilità
  • Depressione

Problematiche spesso associate al Mobbing.

Un clima non sereno pregiudica la capacità di prendere decisioni, di pianificare le attività, raggiungere le mete prefissate intaccando il clima aziendale e la sua redditività. Come potete bene immaginare, lavorare, invece, in un ambiente positivo e stimolante costituisce il primo passo per una gestione del tempo e delle risorse in modo efficace e produttivo.

I conflitti possono riguardare diverse situazioni, quali:

  • la difficoltà a comunicare tra colleghi e a fare squadra;
  • rapporto teso tra capi/uffici o tra capo e collaboratore;
  • disaccordo su come vivere la quotidianità lavorativa in ufficio;
  • divisione dell’attività lavorativa o gestione dei turni.

La Mediazione Aziendale Relazionale si pone l’obiettivo di disinnescare tali dinamiche conflittuali e favorire un clima collaborativo e partecipativo tra i membri del gruppo di lavoro.

Scegliere di iniziare un percorso di mediazione aziendale, con l’aiuto di un professionista, vuol dire voler ristabilire volontariamente un dialogo costruttivo tra le parti coinvolte e facilitarne la soluzione. A tal proposito è interessante la seguente definizione di mediazione: “l’obiettivo finale della mediazione si realizza una volta che le parti si sono creativamente riappropriate, nell’interesse proprio e di tutti i soggetti coinvolti, della propria attiva e responsabile capacità decisionale” [S. Castelli 1996]. Il mediatore aziendale è un “esperto di conflitti” che riconosce il nucleo del conflitto e promuove lo sviluppo di capacità comunicative fra gli autori basandosi sui metodi della mediazione, del coaching e del training.

Il processo mediatorio si conclude con un accordo stipulato dalle stesse parti coinvolte. La mediazione, infatti, da un lato, mira alla risoluzione del conflitto in maniera definitiva e duratura, dall’altro, ricompone il rapporto al fine di trovare nuove opportunità di collaborazione tra i soggetti coinvolti.

Per ulteriori informazioni o per richiedere una mediazione contattare la Dott.ssa Ester Varchetta al 3406558575 oppure compilare l’apposito form. Altre informazioni sul servizio sono disponibili nella pagina dedicata Mediazione Aziendale.

Tutto pianificato nei minimi dettagli. Nulla lasciato al caso, anche gli imprevisti sono previsti…

L’obiettivo viene raggiunto, è vero, ma il gruppo ha corso numerosi rischi ed ha dovuto fronteggiare delle importanti perdite. Che cosa non è stato possibile prevedere? Il così detto “fattore umano”… Il Professore aveva previsto tutto o quasi, sicuramente non aveva previsto di innamorarsi dell’Ispettore incaricato di sventare la rapina, tanto meno le azioni/reazioni di alcuni rapinatori durante le frenetiche ore della rapina…

Dal punto di vista della progettazione, era tutto preciso e perfetto, sono state seguite tutte le regole della gestione di un progetto efficace, come previsto nei manuali del Project Management. Ma come ci dicono gli stessi manuali, ciò che sfida veramente un capo o leader nella gestione di un team sono proprio le persone stesse. Mantenere viva l’attenzione e la concentrazione verso l’obiettivo, fornire costanti feedback alla squadra, non perdere la fiducia, sono ingredienti fondamentali per agevolare il gruppo nel raggiungimento dell’obiettivo.

Il Professore, protagonista della Serie TV NETFLIX “La Casa di Carta”, aveva cercato di prevedere alcune dinamiche e contenerle, ma non è bastato.

Se riportassimo alcune di queste dinamiche in un gruppo di lavoro aziendale, ciò che viene rappresentato ne “La Casa di Carta” è un buon esempio di quanto sia importante per un capo far sentire la sua presenza, una presenza non invasiva o autoritaria, ma autorevole, che riesca ad accompagnare il gruppo, agevolandolo e non limitandolo nel proseguo delle azioni e decisioni. Nel momento in cui il capo (il Professore), non riesce a contattare i suoi, i membri del gruppo perdono la concentrazione sull’obiettivo, non sono più in grado di gestire lo stress e le dinamiche diventano complesse, conflittuali, le emozioni prendono il sopravvento.

Vi riconoscete in questa situazione? Mi sto riferendo a gruppi di lavoro reali e virtuali (a distanza). Non basta, quindi, conoscere la materia, un buon capo allena costantemente e in modo flessibile anche altre competenze, così da essere versatile ed efficace. A quali competenze mi sto riferendo secondo voi? Pensando al Professore, mi vengono in mente: comunicazione assertiva, negoziazione e mediazione, pianificazione, gestione del tempo e dello stress, gestione delle emozioni, resilienza, flessibilità e apertura mentale, problem solving e creatività, ascolto ed empatia, dare e ricevere fiducia, dare e ricevere feedback. Tutto ciò è racchiuso nel Diamante della Leadership. Come si fanno ad allenare ed accrescere tali competenze? Vi dico subito che non basta un giorno e neanche due, ma ci vogliono anni di dedizione, approfondimento e studio!

Ma un capo, oltre a dover conoscere e portare avanti il fatturato deve anche pensare a queste cose? Sì, altrimenti, come ci insegna il Professore, il piano perfetto potrebbe andare a farsi friggere!

Dott.ssa Ester Varchetta
Trainer, Counselor & Coach